La mostra raccoglie una trentina di opere, sculture e installazioni, tra cui quelle di tre maestri storicizzati, veri pilastri del Novecento: i macchinari pieni di ingranaggi e poesia del maestro Jean Tinguely, il grande mobile rosso di Alexander Calder (1961) e la risata piena e contagiosa di Gino De Dominicis. Accanto, le creazioni delle nuove generazioni: dalle amache giganti che invitano a sdraiarsi del brasiliano Ernesto Neto al mondo interattivo di luci colorate del collettivo giapponese TeamLab (mai esposto in Italia) che raccoglie oltre 400 artisti, ingegneri, animatori e web designer. «Il visitatore lo vogliamo spiazzare, provocare e portare altrove, che poi è il significato etimologico della parola divertimento — dice Eccher —(curatore della mostra). Chi viene può perdersi nel labirinto di specchi di Leandro Erlich e ritrovarsi poi inseguito dagli occhi di Tony Oursler. Si può scalare l’enorme poltrona Mickey di Studio65, entrare in contatto con i corpi deformati di Erwin Wurm o rimanere incantato dalle creazioni di Mat Collishaw». L’interattività è elemento centrale di tutto l’allestimento. Dopotutto, gioco e divertimento sono due parole chiave dell’arte contemporanea.

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