La mostra, a cura di Roberto Noch e dello stesso Nachtwey, rappresenta l'opera omnia dell'artista erede di Robert Capa. 17 le sezioni del percorso espositivo, che raccontano attraverso 200 bellissime e commoventi immagini: le grandi crisi umanitarie (dal Rwanda al Darfur); i disastri natuali (come quello in Nepal e ad Haiti); i conflitti del Medio Oriente (dall'Iraq all'Afghanistan); l'orrore degli orfanotrofi rumeni; le tragedie legate all'11 settembre, alla diffusione dell'AIDS e all'utilizzo di eroina; e in chiusura, l'esodo dei rifugiati in Europa.
James Nachtwey (1948) è considerato uno dei più importanti fotoreporter di guerra della contemporaneità. Con una formazione umanistica e artistica -Natchwey studia Storia dell'Arte e Scienze Politiche al Dartmouth College- inizia ad avvicinarsi alla fotografia ammirando gli scatti che, tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, documentano le grandi marce civili e la guerra in Vietnam. "Queste fotografie raccontavano una realtà diversa, e più credibile, rispetto a quella rappresentata dalle parole dei politici", ha raccontato il curatore Roberto Noch all'anteprima. Seguendo questa concezione di fotografia come veicolo di verità, Nachtwey diventa fotoreporter nel 1976, ricevendo il suo primo incarico all'estero nel 1981, quando si trova a documentare lo sciopero della fame di alcuni militanti dell'IRA. Da quel momento testimoniare conflitti bellici e sociali diventa la sua missione e lo porta a lavorare in moltissimi paesi, come: Israele, Sri Lanka, Afghanistan, Corea del Sud, Rwanda, Cecenia, Romania, Stati Uniti e Sudafrica. Nel 1984 il fotografo lavora per il Time, dal 1986 al 2001 fa parte dell'agenzia fotografica Magnum Photos e nel 2001 fonda l'agenzia VII. Molti i premi e i riconoscimenti ricevuti in più di 40 anni di carriera: la Robert Capa Gold Metal (vinta cinque volte), il World Press Photo, l'Infinity Award for Photojournalism e il Dresden Peace Prize.
Per informazioni: http://www.palazzorealemilano.it